IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  promosso  da
 Mezzetti  Antonio,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Paolucci  ed
 elettivamente domiciliato a Bologna in via Farini n.  10;  contro  il
 comune  di San Lazzaro di Savena, in persona del sindaco pro-tempore,
 rappresentato  e  difeso  dall'avv.  B.  Graziosi  ed   elettivamente
 domiciliato  a  Bologna in via S. Margherita n. 6; per l'annullamento
 dell'ordinanza del sindaco di San Lazzaro 12 gennaio 1993  notificata
 il  19  febbraio  1993, relativa al ripristino dell'uso abitativo del
 primo piano del fabbricato di via della Tecnica n. 43/M;
   Visto il ricorso e la contestuale domanda di sospensiva;
   Visto il controricorso del comune resistente;
   Visti gli atti difensivi tutti delle parti costituite;
   Visti i documenti tutti depositati;
   Udito il relatore designato dott. Angelo Piazza;
   Uditi l'avv. Paolucci per  il  ricorrente  e  l'avv.  Graziosi  per
 l'amministrazione resistente;
   Considerato in fatto e in diritto quanto segue:
  Fatto e diritto
   Il  presente  giudizio e' stato promosso dal sig. Mezzetti Antonio,
 per l'annullamento dell'ordinanza sindacale in epigrafe, con la quale
 veniva  ingiunto  al  ricorrente  il  ripristino,  nell'immobile   di
 proprieta',  dell'originario  uso  abitativo, essendo stata accertata
 l'adibizione ad ufficio senza realizzazione di opere, in  assenza  di
 concessione edilizia.
   Questo tribunale, con ordinanza n. 1/1994 in data 21 dicembre 1993,
 depositata  il  9  febbraio  1994, sollevo' questione di legittimita'
 costituzionale  dell'art.  2,  primo  comma,  della  legge  regionale
 dell'Emilia-Romagna  n.  46  del  1988  (Disposizioni  integrative in
 materia di controllo delle trasformazioni edilizie ed  urbanistiche),
 in riferimento all'art.  117 della Costituzione.
   Si  e'  ritenuto  in detta sede che la norma impugnata viola l'art.
 117 della Costituzione, in  relazione  all'art.  25  della  legge  28
 febbraio   1985,   n.  47,  nella  parte  in  cui  impone  ai  comuni
 l'individuazione,  in  sede  di   pianificazione   urbanistica,   dei
 mutamenti di destinazione d'uso da assoggettare a concessione nonche'
 l'obbligatorieta'  della  concessione  per  taluni casi, anche se non
 connessi ad interventi edilizi, laddove la norma statale prevede come
 facoltativi gli interventi pianificatori dei comuni, li consente  con
 riferimento  ad  ambiti  determinati  e  non  con portata generale e,
 soprattutto, attribuisce ai comuni la potesta' di  assoggettare  tali
 variazioni solamente ad autorizzazione.
   Con  ordinanza  n.  182,  in  data  17-18  maggio  1995,  la  Corte
 costituzionale ha rilevato che, successivamente all'ordinanza  citata
 di rimessione, sono intervenute nuove norme contenute: a) nella legge
 regionale  Emilia-Romagna  30 gennaio 1995, n. 6 (Norme in materia di
 programmazione e  pianificazione  territoriale),  che,  all'art.  16,
 secondo comma, ha sostituito l'art. 2 della legge regionale n. 46 del
 1988;  b)  nel  d.-l.  27  marzo  1995,  n. 88 (Misure urgenti per il
 rilancio  economico  ed   occupazionale   dei   lavori   pubblici   e
 dell'edilizia   privata),   che   all'art.  8,  dodicesimo  comma  ha
 sostituito l'ultimo comma dell'art.  25 della legge 28 febbraio 1985,
 n. 47, cosi' modificando la norma statale interposta nel giudizio  di
 costituzionalita'.
   Ha  inoltre  ritenuto che le menzionate modifiche, legislative sono
 suscettibili  di  incidere  sulla  questione   di   costituzionalita'
 sottoposta  all'esame  dalla  stessa  Corte, essendo, in particolare,
 mutata la norma assunta a termine di raffronto  della  illegittimita'
 costituzionale della disposizione impugnata.
   E'  stata  conseguentemente  disposta la restituzione degli atti al
 giudice a  quo,  cui  spetta  valutare  se,  alla  luce  della  nuova
 disciplina, la questione sollevata sia tuttora rilevante.
   Cio' premesso osserva questo tribunale quanto segue.
   Il provvedimento impugnato, oggetto del presente giudizio, e' stato
 adottato  nel  vigore della ricordata legge regionale n. 46 del 1988,
 in  ordine  alla  quale  e'   stata   sollevata   la   questione   di
 costituzionalita' di che trattasi.
   La  legittimita'  del provvedimento medesimo deve essere, pertanto,
 valutata alla stregua di tale disposizione, in ragione del  principio
 Tempus regit actum e della irrilevanza delle disposizioni intervenute
 dopo  la  emanazione dell'atto amministrativo, ove queste non abbiano
 efficacia retroattiva  o  non  disciplinino  comunque  le  situazioni
 pregresse.
   Tanto  premesso,  la  nuova  legge  regionale  n.  6  del 1995, pur
 innovando sulla disciplina posto dall'art. 2, primo  comma,  l.r.  n.
 46/1988  denunciata  di incostituzionalita', opera soltanto ex nunc e
 non appare pertanto idonea ad  incidere  sulla  situazione  normativa
 alla luce della quale questo tribunale deve valutare il provvedimento
 impugnato.
   E  il  discorso  vale  anche per l'evoluzione normativa della legge
 statale: invero la nuova formula dell'art. 25 legge n.  47/1985  cit.
 (tra  l'altro dettata dal decreto-legge n. 88 del 1995, poi reiterato
 ben tre volte con i decreti-legge n. 193, 310 e 400 sempre del  1995,
 non  ancora convertito in legge) non regola, ne' tanto meno travolge,
 le situazioni passate ed i provvedimenti emenati in base ad esse.
   La  questione  di  legittimita'  costituzionale  sollevata  con  la
 ordinanza  n.  1/1994 cit. e' pertanto tutt'ora rilevante ai fini del
 decidere.
   Confermatane la non manifesta infondatezza,  per  le  ragioni  gia'
 esposte  nella  ordinanza  ora  richiamata, il collegio deve pertanto
 disporre   nuovamente   la   rimessione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale, previa sospensione del giudizio.